domenica 27 gennaio 2008

La Malattia di Crohn

La Malattia di Crohn

La MC è un processo infiammatorio cronico che coinvolge la parete intestinale a tutto spessore. È caratterizzata da lesioni segmentarie alternate con aree indenni che possono localizzarsi in tutto il tratto gastroenterico. La sede di localizzazione più frequente è l’ultima ansa ileale ed il cieco.

Dal punto di vista clinico, l’esordio della malattia si presenta acutamente nel 20% dei casi; più frequentemente si osserva una storia di mesi, o anche di anni, con una sintomatologia spesso modesta ed aspecifica. Nel 55% dei pazienti viene riportata anamnesticamente la presenza di lesioni perianali, in assenza di altri segni o sintomi, anche molti anni prima dei disturbi intestinali. La diagnosi viene posta nel 64% dei casi entro 20 mesi dalla comparsa dei primi sintomi, mentre nel 19% dei casi vi è un intervallo di oltre 5 anni tra l’inizio della sintomatologia e la diagnosi. La variabilità osservata in tale arco di tempo può in parte dipendere dalla aggressività della malattia: i pazienti con sintomatologia molto sfumata vengono spesso considerati affetti da “sindrome dell’intestino irritabile”. I sintomi principali sono: diarrea, dolore addominale e perdita di peso. Le caratteristiche della diarrea variano secondo la localizzazione della malattia. Nella localizzazione colica, la diarrea può presentarsi di scarsa quantità ed associata ad urgenza e tenesmo, mentre nella localizzazione ileale, la diarrea è aggravata dalla alimentazione ed è più copiosa. La sede del dolore è legata alla sede di malattia e viene esacerbato dall’alimentazione sia come causa di diarrea sia, nei casi avanzati, legato alla presenza di stenosi. La perdita di peso è legata non solo al malassorbimento dovuto sia all’alterazione indotta dalla malattia sia, in caso di presenza di stenosi, ad un overgrowth batterico che, causando una deconiugazione dei sali biliari, riduce l’assorbimento dei grassi con conseguente steatorrea, ma anche al ridotto apporto alimentare che il paziente instaura per ridurre il dolore stesso o la diarrea. Meno frequentemente, la MC si presenta con il solo coinvolgimento perianali ed il disagio ad esso legato, con un sanguinamento rettale, con artralgie sieronegative in particolare nelle localizzazione coliche.

La radiologia svolge ancora un ruolo di primo piano sia nella diagnosi di malattia che nella individuazione delle sue complicanze. L’esame radiologico più indicato e gli aspetti suggestivi di MC, variano a seconda della localizzazione della malattia.

Le lesioni più caratteristiche sono le ulcere longitudinali, disposte sopra le placche del Peyer che nel piccolo intestino sono poste longitudinalmente e sono di lunghezza variabile da 2 a 10cm. Sono di difficile individuazione e sono localizzate sul versante mesenterico; L’aspetto ad “acciottolato”, evidenziato da una disposizione a bande longitudinali e trasversali del bario, seguendo l’andamento delle ulcere. La ulcere profonde interessano tutto lo spessore della parete intestinale assumendo l’aspetto di spiculature, più frequenti sul lato antimesenterico. Con il progredire della malattia, il danno infiammatorio esita in un processo fibrotico che radiologicamente assume l’aspetto di una stenosi più o meno serrata del lume. L’alternarsi di piccole stenosi con aree di viscere indenne (skip lesions) conferisce l’aspetto a corona di rosario tipico della malattia.

Nello studio radiologico del colon è più frequente osservare le ulcere aftoidi, con l’aspetto di ulcere puntiformi con alone iperlucente. In seguito, le ulcere aftoidi raggiungono dimensioni maggiori e si approfondano nello spessore del viscere assumendo l’aspetto di “ulcere bottonute”. Lo studio radiologico con mezzo di contrasto del piccolo e grosso intestino, permette di individuare anche la presenza di fistole entero-enteriche, entero-vescicali ed entero-cutanee e di definirne la portata.

L’esame endoscopico è spesso fondamentale per la diagnosi sia per evidenziare lesioni minime, sia per la possibilità di effettuare prelievi bioptici della mucosa. È, però, reso difficoltoso dalla necessità di visualizzare l’ultima ansa ileale, non sempre raggiungibile e dalla esiguità delle lesioni iniziali (afte). Altri aspetti indicativi sono le ulcere lineari e l’acciottolato. Nel follow up, è utile soprattutto per la valutazione delle complicanze (stenosi, tramiti fistolosi). Riveste nuovamente un ruolo diagnostico e predittivo nella valutazione delle recidive post-chirurgiche.

Altre metodiche non invasive sono, oltre all’ecografia che verrà discussa di seguito, la Tomografia computerizzata con mezzo di contrasto iodato, la Risonanza Magnetica Nucleare (utili soprattutto nella individuazione delle complicanze come la presenza di raccolte ascessuali o di fistole, in particolare perianali) e la Scintigrafia addominale con leucociti marcati.

Questa ultima è una metodica di relativa recente introduzione, utilizzata per la diagnosi di malattia, per la sua localizzazione e per la individuazione delle complicanze. L’affinamento della tecnica permette, inoltre, di stabilire un grading della attività infiammatoria. Non ultimo, nel paziente acuto in cui vi sia indicazione chirurgica, può evidenziare la presenza di eventuali complicanze

Aspetti ecografici della Malattia di Crohn

Nonostante che in passato l’intestino sia stato considerato un difficile campo di applicazione dell’ecografia, per la presenza di gas al suo interno, in anni più recenti il miglioramento tecnologico delle apparecchiature ha permesso di definire sia l’aspetto ecografico delle anse intestinali, costituito dalle immagini della parete e del lume, che quello correlato a varie condizioni patologiche, rappresentato principalmente dall’ispessimento parietale. Questo elemento di semeiotica ecografica è riscontrabile sia nella patologia infiammatoria che in quella neoplastica ed è caratterizzato da un anello periferico ipoecogeno a spessore variabile, che rappresenta la parete ispessita, e da un centro iperecogeno, che rappresenta il lume gassoso; nelle scansioni trasversali, il viscere viene descritto come aspetto “a coccarda”, “a bersaglio” o “pseudorene”, mentre nei piani longitudinali assume un aspetto allungato, che viene definito “a sandwich”.

In particolare, l’impiego dell’ecografia transaddominale fornisce un elevato numero di informazioni nei pazienti affetti da malattia di Crohn sia sulle alterazioni di parete legate alla flogosi, sia sulle complicanze della malattia come stenosi, raccolte ascessuali, fistole.

L’ispessimento parietale è il tipico reperto ultrasonografico delle sedi di malattia, legato sia alla infiltrazione infiammatoria, sia all’edema sia alla successiva fibrosi. In tali condizioni è chiaramente identificabile l’aspetto “a bersaglio” o “a sandwich” e l’aspetto pluristratificato della parete composto da 5 strati. Il primo, centrale, iperecogeno, rappresenta il lume con il suo contenuto gassoso all’interno, che in condizioni patologiche è limitato ad un’area puntiforme o lineare iperecogena; il secondo, ipoecogeno, rappresenta la mucosa; il terzo, iperecogeno, rappresenta la muscolare propria ed infine il quinto, ipoecogeno, rappresenta la sierosa ed il tessuto adiposo adiacente. Nelle fasi avanzate della malattia, quando all’edema si sostituisce la fibrosi, può diventare difficile il riconoscimento di tutti gli strati parietali, con un aspetto di diffusa ed irregolare ipoecogenicità. Attualmente, lo spessore parietale è considerato patologico quando supera i 3mm.

Un altro aspetto caratteristico della malattia di Crohn , evidenziabile con l’ecografia, è la ipertrofia del mesentere. Normalmente, il mesentere è visualizzabile come un’area iperecogena e fissa. In caso di infiammazione, il mesentere va incontro alle stesse modificazioni della mucosa e, all’esame ecografico appare come un alone iperecogeno che circonda i tratti infiammati e crea spazio fra questi distanziandoli e rendendoli pertanto più evidenti.

L’infiammazione transmurale della MC causa edema e fibrosi del mesentere circostante e, caratteristicamente, delle propaggini di grasso mesenteriale si protendono verso il versante antimesenterico del viscere (creeping fat). All’ecografia, queste propaggini di grasso appaiono come effetto massa iperecogena, come normalmente si riscontra in prossimità della valvola ileo-ciecale ed il cieco, e sono responsabili della separazione delle anse intestinali.

Sempre nel mesentere, è possibile evidenziare dei linfonodi di origine reattiva, caratterizzati da forma rotonda o ovalare ed ipoecogeno. Quando sono confluenti possono formare una massa lobulata di varia grandezza ipoecogena.

La valutazione della vascolarizzazione parietale mediante indagine color-doppler aumenta l’accuratezza della ecografia, potendo differenziare gli ispessimenti parietali di natura flogistica dalle forme a genesi ischemica o neoplastica.

Sebbene l’obiettivo della ecografia non sia quello di valutare le lesioni mucosali, le fissurazioni e le ulcere transmurali possono essere visualizzate come irregolarità della mucosa con aspetto di linee marcatamente iperecogene che attraversano la parete ispessita. Possono mettere in comunicazione due anse intestinali adiacenti che pertanto appaiono ecograficamente strettamente adese tra loro.

Complicanze della Malattia di Crohn

Le stenosi sono una complicanza tipica della malattia di Crohn. All’ecografia, queste lesioni appaiono come un’ansa fissa, con pareti ispessite e dilatazione dei tratti a monte.

Le fistole sono visualizzabili ecograficamente come immagini serpiginose che mettono in comunicazione due anse intestinali (entero-enteriche), un’ansa intestinale e la cute (fistole entero-cutanee) oppure un’ansa intestinale e la vescica (fistole entero-vescicali). Nel caso della malattia perianale con presenza di fistole, l’ecografia transanale è in grado di escludere l’eventuale presenza di raccolte ascessuali e di definire il tipo di fistola (semplice o complessa).

L’aspetto ecografico degli ascessi nella MC varia a seconda dello stadio evolutivo e non differisce dall’aspetto classico della raccolta ascessuale. Nella fase iniziale, essendo costituiti da materiale flogistico e necrotico, si possono visualizzare delle lesioni ipoecogeno con contorni irregolari e sfumati; successivamente il tessuto colliqua e si assiste alla formazione di una raccolta liquida più o meno corpuscolata, che appare come area anecogena a contorni irregolari con echi in sospensione o stratificati sulla parete posteriore, espressione del pus e dei detriti cellulari. L’evoluzione è caratterizzata da una progressiva riduzione delle dimensioni della lesione con modificazione della ecogenicità interna, espressione della formazione di setti di fibrosi e maggiore regolarità dei margini.

La valutazione dell’attività clinica

La necessità di quantificare l’attività della MC nasce dalla possibilità di graduare l’approccio terapeutico e poi di valutare l’efficacia della terapia effettuata. Tuttavia, i sintomi della MC sono legati a molte variabili quali la sede e l’estensione della malattia, l’intensità di infiammazione, pregressi interventi chirurgici o la presenza di complicanze della malattia stessa. Questo spiega la estrema variabilità di presentazione della malattia.

L’individuazione dei sintomi che meglio caratterizzano la malattia e la determinazione di un loro peso all’interno di un indice ha portato alla creazione di numerosi indici clinici, applicati soprattutto nei trial per ovviare alla soggettività dello sperimentatore.

L’indice sicuramente più usato è il Crohn’s Disease Activity Index (CDAI), disegnato nel 1976 per il National Cooperative Crohn’s Disease Study. Esso nasce, infatti, confrontando tutti i sintomi clinici abituali e alcuni dati obiettivi (considerati variabili indipendenti) con una variabile dipendente costituita dal giudizio clinico del medico. Attraverso un calcolo statistico di regressione multipla, si sono individuate le 8 variabili indipendenti che meglio correlavano con il giudizio del medico e le costanti da applicare ad ogni sintomo. Sebbene non sia usato nella pratica clinica, è a questo indice che si riferiscono tutti i trial tesi a valutare l’efficacia di un farmaco o gli studi di correlazione tra alcuni parametri strumentali e i risultati clinici.

Il CDAI, tuttavia, è costituito da 5 variabili soggettive che risentono molto del giudizio del paziente, del suo stato emotivo e del giudizio del medico. Un punteggio elevato del CDAI, segno di attività clinica, spesso non trova correlazione con l’entità delle alterazioni morfologiche o biochimiche. Questo può spiegare la difficoltà che spesso si incontra nel trovare una correlazione tra alcune metodiche strumentali e questo indice e tra diverse metodiche strumentali.

In molti casi, per ovviare alla soggettività del CDAI, sono stati proposti altri indici in cui sono presenti più dati di laboratorio, facilmente obiettivabili. Questi indici, però, non hanno avuto la stessa fortuna del CDAI, che risulta ancora l’indice più usato.

Gli indici di laboratorio sono stati ampiamente studiati nel MC nel tentativo valutare la presenza e la severità del processo infiammatorio. Rappresentano un valore aggiunto all’indice clinico, in quanto, sebbene presentino una scarsa correlazione con l’attività clinica, possono dare altri indicazioni utili. Ad esempio, valori normali di PCR in un paziente con spiccata attività clinica, possono essere indicativi della presenza di una stenosi fibrotica, causa della sintomatologia. Valori elevati di PCR in un paziente con scarsa sintomatologia clinica, possono essere sospetti per la presenza di una raccolta ascessuale.

La valutazione endoscopica, se riveste una importanza fondamentale nella diagnosi della malattia, non risulta utile nella monitorizzazione della malattia o del successo terapeutico. Uno studio francese del GETAID, infatti, ha dimostrato come le lesioni endoscopiche legate alla malattia, non risentano della terapia steroidea più protratta, con il paziente ormai in remissione clinica.

Tale valutazione cambia in caso di bonifica chirurgica della sede di lesione. La valutazione a tre mesi - un anno della recidiva endoscopica secondo lo score di Rutgeerts, infatti, permette di stabilire precocemente un alto rischio di recidiva clinica o meno, che può essere adeguatamente trattato.

L’introduzione della terapia con anticorpi monoclonali anti-TNFa ha radicalmente modificato il ruolo della endoscopia. Infatti, i dati provenienti dai primi studi non controllati prima e dallo studio sul mantenimento della remissione (ACCENT I), hanno confermato non solo che il trattamento con Infliximab è in grado di ottenere la remissione delle lesioni mucosali evidenziabili endoscopicamente e dell’infiltrato infiammatorio evidenziabile istologicamente, ma che, in questi pazienti, si ottiene un più prolungato periodo di remissione e una modifica della storia naturale della malattia.

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